La VENERE di Melchior Barthel per l’Arciduca Leopoldo Guglielmo d’Asburgo
L’opera al centro di questo studio si impone come un capolavoro di primario interesse poiché illustra in tutta la sua portata proprio il successo goduto dalla scultura veneziana del secondo Seicento presso il circuito artistico ‘internazionale’, giungendo a intercettare, come si vedrà, anche l’interesse di uno dei più illustri e appassionati raccoglitori del tempo.
Come suggeriscono chiaramente le dimensioni della figura ritratta in piedi – inferiori al naturale, è alta infatti 78 centimetri – siamo dinanzi, per l’appunto, a una tipica scultura da ‘galleria’, realizzata a tuttotondo in un unico blocco di marmo di Carrara e che ci è giunta in un ottimo stato di conservazione, integra in tutte le sue parti. Subito riconosciamo in questo splendido nudo femminile l’immagine di un’avvenente Venere, colta nell’atto di prendere il peplo, qui adagiato sul tronco d’albero posto alla sua sinistra, dopo essere riemersa dal bagno rituale, similmente ad alcune versioni dell’Afrodite Cnidia.
O Più d’ogni più Illustre, Illustre, e raro stai
MELCHIOR, che l’Età nostra adorna
Ond’io, che di stupor non m’empio mai,
Dalle tue opre a stupidirmi imparo.
Nume terrestre immortal’Huomo, e chiaro,
Poiche senza involar del Sole i Rai,
L’ossa della gran Madre avvivar sai
E tesser contro à morte alto riparo.
Opre sopra natura operar parmi,
Che altri col Ferro altrui la morte dia,
E tù col Ferro sai dar vita ai marmi.
BARTEL tra i miei stupor godo, che sia,
Mentre a i meriti tuoi consacro i Carmi
Mossa da Verità la penna mia.
(Sebastiano Mazzoni, Il tempo perduto, Venezia 1660)
L’opera al centro di questo studio si impone come un capolavoro di primario interesse poiché illustra in tutta la sua portata proprio il successo goduto dalla scultura veneziana del secondo Seicento presso il circuito artistico ‘internazionale’, giungendo a intercettare, come si vedrà, anche l’interesse di uno dei più illustri e appassionati raccoglitori del tempo.
Come suggeriscono chiaramente le dimensioni della figura ritratta in piedi – inferiori al naturale, è alta infatti 78 centimetri – siamo dinanzi, per l’appunto, a una tipica scultura da ‘galleria’, realizzata a tuttotondo in un unico blocco di marmo di Carrara e che ci è giunta in un ottimo stato di conservazione, integra in tutte le sue parti. Subito riconosciamo in questo splendido nudo femminile l’immagine di un’avvenente Venere, colta nell’atto di prendere il peplo, qui adagiato sul tronco d’albero posto alla sua sinistra, dopo essere riemersa dal bagno rituale, similmente ad alcune versioni dell’Afrodite Cnidia.
O Più d’ogni più Illustre, Illustre, e raro stai
MELCHIOR, che l’Età nostra adorna
Ond’io, che di stupor non m’empio mai,
Dalle tue opre a stupidirmi imparo.
Nume terrestre immortal’Huomo, e chiaro,
Poiche senza involar del Sole i Rai,
L’ossa della gran Madre avvivar sai
E tesser contro à morte alto riparo.
Opre sopra natura operar parmi,
Che altri col Ferro altrui la morte dia,
E tù col Ferro sai dar vita ai marmi.
BARTEL tra i miei stupor godo, che sia,
Mentre a i meriti tuoi consacro i Carmi
Mossa da Verità la penna mia.
(Sebastiano Mazzoni, Il tempo perduto, Venezia 1660)